Vita di Antonio CanovaLo scultore Antonio Canova è stato uno dei massimi protagonisti della stagione del Neoclassicismo europeo.

Infanzia

Naque nel 1757 a Possagno, in provincia di Treviso in una famiglia di tagliapietre e scalpellini, pratici di architettura e per un periodo anche proprietari delle cave di Possagno.

Nel 1761, all'età di 26 anni, morì Pietro Canova, il padre di Antonio lasciando il figlio di soli 4 anni orfano di padre.
Angela Zardo, la madre di Antonio, rimasta vedova, nel 1762 convolò a seconde nozze con il notaio Francesco Sartori e si trasferì con il coniuge a Crespano del Grappa.

La madre affidò Antonio alle cure del nonno Pasino Canova e della nonna Caterina Ceccato. Nonno Pasino, tagliapietre e scalpellino, lavorava realizzando decorazioni e statue da giardino per alcune ville nobiliari del territorio, in particolare presso la famiglia del senatore Giovanni Falier, proprietario della Villa Predazzi di Asolo.

Nonno Pasino portava il nipotino con sé facendosi aiutare nelle varie mansioni e insegnando al giovane i rudimenti del mestiere.

Si narra un episodio tanto curioso quanto difficilmente credibile sull'infanzia di Antonio Canova, ovvero che un giorno, presso la Villa dei Falier, il bambino scomparve e tutti si misero in cerca del piccolo "Tonin" (come lo chiamava il nonno). Dopo averlo cercato a lungo lo trovarono in cucina impegnato a modellare, con un panetto di burro, un leone di San Marco per il senatore Zuane. La leggenda si conclude con tutti i presenti profondamenti colpiti dalla maestria del bambino nel trasformare la materia e che questo l'episodio spinse Giovanni Falier a prendersi particolare cura del percorso formativo del ragazzo (tanto rimase colpito dal suo talento). 

Formazione
Fu proprio Falier che spinse Pasino ad indirizzare il nipote verso il lavoro di bottega, infatti, Antonio Canova lavorarò come assistente a Pagnano d'Asolo presso la bottega dello statuario Giuseppe Bernardi, detto Torretti. 
Antonio proseguì poi i suoi studi a Venezia frequentando l'Accademia del Nudo, formazione indispensabile per eseguire abilmente i disegni preparatori.
Nella città lagunare frequentò la prestigiosa collezione di calchi in gesso raccolti dall'abate Filippo Farsetti, questo nobile veneziano, con la passione del collezionismo, possedeva numerose opere antiche (greche e romane) oltre che alcune opere del '400 e del '500.
E' presso le gallerie Farsetti che Canova venne a contatto con opere importanti che accenderanno in lui la passione per l'arte classica.

Le prime opere canoviane, realizzate per committenti illustri, possiedono ancora molti tratti berniniani, è proprio per crescere professionalmene che l'artista sognava di andare a lavorare a Roma ma potrà farlo solo con l'importante appoggio economico che ricavò dalla realizzazione del "Dedalo e Icaro" (in foto) commissionato ed eseguito per il senatore Falier.
Antonio realizzò l'opera con ammirevole virtuosismo tecnico, il naturalismo della rappresentazione si somma alla valenza narrativa. Quest'opera, oltre che segnare la svolta decisiva nella sua vita, è un'ideale metafora tra la storia mitologica narrata e quella della vita dell'artista, con un nonno che "gli mette le ali" per spiccare il volo.

Primo soggiorno a Roma
A Roma il giovanissimo Antonio portò con sé il gesso preparatorio dell'opera appena conclusa, desideroso di mostrare le sue abilità tecniche. Nel frattempo il sentatore Falier contattò l'ambasciatore della Repubblica Veneta presso la Santa Sede di palazzo Venezia a Roma, aprendo così al giovane artista una serie di contatti importanti anche nella nuova città.

In questo primo soggiorno a Roma lo scultore si innamorò perdutamente dell'arte antica e della cultura classica
A Roma l'artista, accolto e protetto dai nobili veneziani ivi residenti, affinò il suo orientamento classicista come ben attesta il gruppo "Teseo sul Minotauro" (1781-1783).
Nel gruppo scultoreo l'artista non rappresentò il momento della lotta ma colse l'eroe nel momento del riposo che segue l'azione.
L'eroe, simbolo di vittoria dell'intelligenza dell'uomo sulla bestialità, è seduto sul corpo del nemico. Nella realizzazione l'artista rinuncia ad effetti di verismo descrittivo infatti non rende peloso il corpo del Minotauro anche se questo gli porta alcuni dissensi critici. 
Abbondio Rezzonico, nipote di papa Clemente XIII, rimase colpito da Teseo sul Minotauro al punto tale che commissionò al giovane scultore veneto il monumento funebre a Clemente XIII, realizzato negli anni successivi ed attualmente collocato a S. Pietro.
Nello stesso periodo al venticinquenne Canova arrivò anche un'altra commissione che vide immediatamente il suo sviluppo e la sua realizzazione, il suo primo monumento funebre fu l'opera a Clemente XIV per la basilica dei Santi Apostoli. Quest'opera, commissionata da Volpato trovò la sua collocazione vicino agli antichi e ottenne da subito molta visibilità. Per definire meglio i contorni di una professionalità estremamente perfezionista si narra che all'inaugurazione Canova si travestirì da frate per ascoltare tutti i commenti, negativi e positivi, sul monumento funebre. 
Dopo l'esecuzione di queste monumentali opere la sua leggendaria carriera artistica fu un'ascesa inarrestabile.

Canova nel suo primo periodo a Roma arricchirà la sua formazione attraverso la lettura di opere epiche e mitologiche quali l'Iliade e Le metamorfosi di Apuleio. L'artista non si fermò ai racconti, si interessò anche di storia, geografia, lingue straniere senza trascurare la politica e le notizie di attualità.
Antonio Canova disponeva di un personale lettore che lavorava per lui leggendo ad alta voce i testi e i giornali mentre l'artista scolpiva nella sua bottega di via delle Colonnette a Roma, con questo stratagemma Antonio lavorava ed imparava contemporaneamente.
L'artista iniziò inoltre a collezionare libri antichissimi e opere di pittori del '400 e del '500.

Successo internazionale
L'artista, per riposarsi dalle fatiche della realizzazione del Monumento Funerario a Clemente XIV si recò in viaggio Napoli e fu lì che nel 1787 il colonnello britannico John Campbell gli commissionò "Amore e Psiche giacenti", favola di Apuleio da cui trasse ispirazione per realizzare due versioni in marmo.
Un'intensa meditazione sulla cultura e sulle opere antiche permetteva allo scultore di imitare i classici senza copiarli, ricordiamo i bassorilievi in gesso tratti dall'Iliade, dall'Odissea, dall'Eneide, dalla vita di Socrate modellati fra il 1787 e il 1792
L'artista rappresentò movimento, emozioni e sentimenti senza mai rinunciare all'equilibrio e alla compostezza delle forme classiche, e lo fece persino nel gruppo Ercole e Lica dove sulla forza predomina l'intelletto. 

Nel 1802 fu chiamato a Parigi per eseguire il ritratto del primo console Bonaparte, dopo questa proficua collaborazione l'artista ricevette numerosi incarichi per realizzare opere destinate alla famiglia imperiale. Un esempio tra tutti è la commissione di Camillo Borghese che volle il ritratto di sua moglie Paolina Bonaparte (sorella di Napoleone) nell'opera Paolina Bonaparte come Venere vincitrice, scultura realizzata tra il 1804 e il 1808.

L'opera Monumento funerario a Maria Cristina d'Austria stravolse e rinnovò i tradizionali modelli sepolcrali proponendo una struttura piramidale. La piramide presenta una porta buia alla cui sommità l'allegoria della Felicità regge un ritratto di Maria Cristina, il ritratto è circondato da un simbolo arcaico che allude all'immortalità. Verso la porta buia incede un corteo di cinque figure addolorate. Per l'artista si apre una vera e propria fase di indagine sul tema della morte e degli affetti, come emerge anche dalla Stele funeraria del senatore Falier. E' quest'attenzione al tema della memoria che porterà l'artista a progettare il proprio tempio sepolcrale nella sua città natale: il Tempio di Possagno, opera architettonica che si ispira all'arte classica e che vedrà la sua conclusione solo dopo la morte dello scultore.

 


Antonio Canova era uno scultore?