I simboli trasmettono messaggi, idee, emozioni ed identità con una semplicità che supera le barriere linguistiche.
Questo articolo esplora il loro significato, il potere evocativo e l'impatto sociale, rivelandone l'importanza nel nostro linguaggio quotidiano e digitale.

Secondo la semiologia ogni segno, verbale o non, è composto da una forma percepibile (che possiamo percepire attraverso l'udito, il tatto, la vista o l'olfatto) che definiamo significante e da un contenuto non percepibile che definiamo significato
I due termini, significante e significato sono in opposizione tra loro e allo stesso tempo fanno parte di un'unità: il simbolo o segno1.

Il significante è quello che vediamo, qualcosa di concreto (il cerchio rosso su sfondo bianco di un segnale stradale dominato da una grossa diagonale rossa che congiunge le estremità della circonferenza) il significato è il concetto astratto, il messaggio che ci rimanda il significante, ovvero quello che ci comunica.
Può essere qualcosa che già sappiamo (si tratta di un cartello stradale di divieto) o qualcosa che capiamo immediatamente (c'è un segnale stradale, ovvero qualcosa che devo sapere su questo luogo.)

C'è segno, dice R. Jakobson, ogni volta che si stabilisce una relazione di rinvio (relation de ren-voi)2, cioè quando una cosa sta per un'altra cosa (per i filosofi medievali aliquid stat pro aliquo). 
La semiotica è quindi soprattutto la disciplina che studia tutti i fenomeni fondati su una relazione di rinvio a qualcos'altro.

  1. K. Branduardi, W. Moro, Didattica della comunicazione visiva, La Nuova Italia, Firenze, 1993, p.44.
  2. U. Eco, Il pensiero semiotico di Jakobson, in Lo sviluppo della semiotica, Studi Bompiani, Milano 1978.

Un significato che riempie il significante