Giallo indiano in palline di urina di vacca alimentata a foglie di mangoIl giallo indiano è un particolare giallo dorato di origine organica.

Il mistero che circonda le origini di questo meraviglioso pigmento giallo dorato è ancora irrisolto.
Le origini del colore sono incerte perchè varie sono le opinioni; non è chiaro quando il giallo indiano sia stato introdotto per la prima volta in Europa giungendo dall'Oriente (probabilmente dall'India, dalla Persia o dalla Cina).

È noto, tuttavia, che tra il XV e il XVIII secolo furono importate in Europa, dall'Oriente, palline brune, contenenti una polvere gialla.
Macinando e mescolando le palline con un legante (uovo, olio o gomma) si otteneva la caratteristica vernice trasparente giallo oro chiamata appunto: giallo indiano.

La sua produzione, secondo alcune fonti, avveniva dalla lavorazione dell'urina di mucche indiane sacre nutrite solamente con foglie giovani dell'albero di mango (a causa dello status sacro della mucca, questa produzione fu vietata nel 1908).

Le testimonianze affermano che il pigmento giallo, prodotto esclusivamente nel villaggio di Mirzapur, veniva raffinato riscaldando l'urina sino a farla evaporare e impastando in palline rotonde i residui della lavorazione.

Altre fonti lo ritengono una «secrezione intestinale fossilizzata del cammello e dell'elefante, altri lo credono il succo di un albero saturo di magnesia»1. E' Jean Francois Leonor Merimee in "The Art of Painting in Oil and Fresco", nel 1839, che afferma "la sostanza colorante viene estratta da un albero o da un grande arbusto, chiamato memecylon tinctorium, le cui foglie sono impiegate dagli indigeni nelle loro tinture gialle."

Un'altra ipotesi è stata formulata dal chimico John Stenhouse che nel 1844 pubblicò i resoconti di alcuni studi effettuati sulle "palline di urina essicata".
Nell'articolo riportava che il campione di 85 grammi, importato dall'India, mostrava sotto la lente del miscroscopio numerosi cristalli a forma di ago e aveva un persistente odore di olio di ricino.
Stenhouse concluse che il giallo indiano che stava analizzando, nella forma di pallina di urina essicata, non era realmente "urina di animale", ipotizzò si trattasse dei calcoli biliari raccolti di vari animali.
Un altra ipotesi che formulò Stenhouse fu che quella pallina gialla e maleodorante potesse essere il succo di qualche albero o pianta satura di magnesia.

Di fatto il giallo indiano è euxantato di magnesio, anche se sappiamo poco sulle sue origini sappiamo sappiamo molto sulla sua resa in termini pittorici: la trasparenza e la luminosità sono le sue caratteristiche principali e lo rendono particolarmente adatto alla stesura di velature dorate. 

Da anni ormai gli artisti si avvalgono di alternative sintetiche identiche nel colore alla loro controparte naturale poiché non è possibile trovare oggi questo giallo in commercio come prodotto naturale.

  1. G. Piva, Manuale pratico di tecnica pittorica, Hoepli, Milano, 2005. Pag. 209.